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Il sindaco Salvemini alla manifestazione “Le città dei diritti” a Torino

Di seguito il commento del sindaco Carlo Salvemini a margine della manifestazione “Le città dei diritti”, promossa dal Comune di Torino – in collaborazione con diverse associazioni – per mobilitare i sindaci contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, per i diritti di tutte le famiglie, alla quale ha partecipato questa mattina insieme al Teatro Carignano di Torino insieme all’assessora ai Diritti civili e Pari opportunità Silvia Miglietta.

«Mentre stamattina raggiungevo il Teatro Carignano – ha  scritto il sindaco sui suoi profili social – ho incrociato scolaresche di bambini in fila pronte ad entrare al Museo Egizio. Ho pensato che qualcuno tra loro fosse figlio di una coppia omogenitoriale. E in quanto tale – pur amato, pur felice – diverso dai suoi compagni nati da coppie etero e ingiustamente discriminato.
È per rimuovere questa ingiustizia che è stato importante esserci.
Per spostare più avanti la frontiera dei diritti e consentire a quella bambina e a quel bambino di non sentirsi diverso solo perché nella sua famiglia vive con due madri o due padri.

Come ha detto a nome di tutti Stefano Lorusso, sindaco di Torino. serve una legge del Parlamento per approvare – dopo il compromesso delle unioni civili che non consente alle coppie omosessuali di ricorrere alla fecondazione eterologa e all’adozione – il matrimonio egualitario; il riconoscimento alla nascita per i figli e le figlie di coppie dello stesso sesso; il loro accesso alle adozioni da riconoscere anche per i single; accesso ai percorsi di procreazione medicalmente assistita per donne single e coppie di donne.

Non serve invece – a mio giudizio – limitarsi a puntare il dito contro l’attuale maggioranza che va incalzata, non aggredita. Anche perché, diciamocelo, l’attuale governo non sta smantellando una legislazione esistente. Che è ferma alle unioni civili anche per timidezze e paure della forze progressiste.

Serve saper parlare a tutte le forze politiche per convincerle che le trasformazioni sociali, le tante forme dell’amore, le diverse composizioni che le famiglie assumono non possono essere vietate per legge. Che deve invece adeguarsi al cambiamento, non incaricarsi di spingerlo indietro. Perché sappiamo tutti che questo sentimento potente attraversa non solo i generi ma anche le appartenenze politiche: si scopre di amare persone dello stesso sesso ancora prima di capire per chi votare.

Non è, quindi, uno scontro tra partiti. Del resto, non sono solo progressisti i sindaci che hanno deciso – come me – di registrare all’anagrafe figli di coppie omogenitoriali nonostante le diffide delle circolari ministeriali. Ce ne sono anche della Lega e di Forza Italia.

Non siamo coraggiosi, come si dice (il coraggio è di chi decide di affrontare da gay o lesbica questo percorso a ostacoli della genitorialità, sfidando pregiudizi ostilità diffidenze). Ma semplicemente impegnati a non spegnere la speranza di nostri concittadini che si rivolgono a noi per vedere esaudito il proprio progetto d’amore. Quando i diritti bussano alle porte dei municipi è dovere di noi sindaci, che indossiamo la fascia tricolore, farli entrare.

È stata una bella giornata. Ma non basta. Ce ne servono tante altre per giungere al traguardo indicato. Mettiamoci tutti in cammino perché la strada è lunga. Ma noi abbiamo fiato lungo».