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UNA POLEMICA “CULTURALE” SALENTINA DEL 1945

Nel corso della sua storia, la Biblioteca Provinciale “Nicola Bernardini” di Lecce è stata spesso al centro di vivaci dibattiti culturali tra intellettuali salentini, finendo, anche, per essere oggetto di pungenti critiche da parte della stampa locale. Nella ricchissima raccolta dell’”Emeroteca Storica Salentina”, abbiamo recuperato la sottile polemica che condusse il giornale “Libera Voce”, nel mese di Giugno del 1945, criticando quella che oggi definiremmo come la “politica degli acquisti” della storica istituzione culturale salentina.
Il 12 Giugno del 1945, proprio su “Libera Voce” (espressione della sezione salentina del “Partito d’Azione”), V. P. (Vittorio Pagano, docente, poeta e scrittore, 1019-1979) scriveva: “Taluni han detto che anche da ciò che legge una persona può essere giudicata; e, vero o falso che sia, resta il fatto che comunque il grado d’una cultura può essere accertato dal contenuto di una biblioteca”.
Senza tanti giri di parole, partiva, poi, la critica, piuttosto esplicita: “Talchè noi leccesi, per chi consideri l’’aggiornamento’ della nostra Biblioteca Provinciale, con ragione saremmo visti ben lontani dall’attualità culturale, saldamente redicati al passato, appena pervenuti ai balbettii del nostro secolo, tutt’al più informati di D’Annunzio di Gozzano e di qualche altro, per non toccare che il campo letterario di cui noi particolarmente ci interessiamo”. 
 
V. P. argomentava ulteriormente il suo pensiero: “E sì che in Italia gli editori han sempre lavorato sul serio, avendo avuto a disposizione opere italiane e straniere abbondantissime e validissime, che da nessuna libreria sono rimaste assenti”. Ecco, dunque, l’elenco: “Bompiani, Vallecchi, Treves, Laterza, Mondadori, Parenti, Sansoni, Corbaccio, Le Monnier eccetera hanno ampliato i loro cataloghi in maniera soddisfacente così per la qualità che per la quantità”.
 
Qual era, dunque, il problema, per V. P.? “Ma solo una sparuta rappresentanza di essi è stata accolta negli scaffali della nostra Biblioteca”.
La critica aveva destinatari ben precisi: “Sembra che gli amministratori di quest’ultima abbiano giurato di non conceder grazia ai tempi nuovi, di ignorarne per sempre l’importanza, anche dove ormai si parla di classicità, di universalità, di indispensabilità – per lo studioso – di un’opera o di un autore in genere”.
 
V. P. annotava, sconsolato, come “inutilmente, il leccese che si veda costretto a ricorrere all’ente provinciale per compiere le sue letture, ricercherà un poeta un prosatore un letterato un critico apparso nel cielo delle lettere attraverso le numerose recenti edizioni”. Ne derivava, ovviamente, un giudizio senza alcuno sconto, poiché “i sullodati amministratori han dato l’ostracismo alla coltura contemporanea, si crogiolano nell’atmosfera di fors’anche decrepito ottocento che si diffonde ovunque, che si respira ovunque, come per impedire ai nostri cervelli di riconoscersi nel loro tempo, per ridurli definitivamente al passato, sì che davvero Lecce giustifichi di fronte alle altre città la fama di retrograda che pure tanto ingiustamente le viene attribuita”.
 
La conclusione era lapidaria: “Il che ci deprime come nessun’altra cosa”. Alla fine, le ultime righe, V. P. le dedicava a un accorato invito: “Così da indurci a gridare una volta per sempre che si provveda a questo aggiornamento, che ci si tolga da questo periodo oscurantistico, che ci si curi di più (e per ciò fare basta solo compiere un giro nelle librerie locali, naturalmente coi cordoni della borsa un po’ allentati)”.
Ora, di là dalla bontà dell’elegante polemica condotta da “Libera Voce”, resta indicativa la circostanza di come la nostra Biblioteca fosse, comunque, al centro degli interessi culturali della comunità cittadina. Un ruolo, questo, che la storica istituzione culturale salentina ha sempre voluto conservare, sin dal 1863, anno della sua fondazione.